Gesualdo in fila per te

di sommacco

posta+apertura

di Luca Palladino

A Gesualdo, che se ne sta comodamente in fila ad aspettare il suo turno, gli hanno consegnato un numero: Gesualdo lo conserva gelosamente e capita che ogni tanto lo guarda, più per verificarne l’integrità che per controllare a che punto sia la fila. Gesualdo, che rifiuta ogni minima distrazione per non farsi trovare impreparato quando arriverà il suo turno, scaccia i suoi pensieri, e per farlo si aiuta con le mani. Gesualdo ha finito per attirare su di sé gli sguardi indiscreti delle persone in fila come lui; sguardi assassini dell’inusuale, sguardi che non accettano la diversità così come non si accetta che un fiume scorri libero. La sala d’aspetto non può accettare che Gesualdo cavalchi l’onda dei propri pensieri senza freni perché non riconosce la libertà come una possibilità. La sala d’aspetto, con tutti i suoi occhi, finisce per opprimere Gesualdo, il quale non capisce esattamente cosa stia succedendo dentro tutti quelli occhi così invadenti.

Il Gesualdo si fa pensieroso, la sua mente viene cosparsa di pensieri prepotenti come può essere prepotente la nutella sul pane, su per giù. Egli, tutto spalmato di pensieri, distratto da essi, sgualcisce il proprio numero irrimediabilmente. Alla vista del numero d’attesa spiegazzato Gesualdo soffre con due F, perché la sofferenza è sempre doppia mica come l’amore, a meno che non si commetta un errore di svista ma questa è un’altra storia. In mezzo a tutta quella sofferenza, repentinamente, una voce, insensibile e dall’inflessione stridula, esce dagli altoparlanti e chiama ripetutamente il numero assegnato a Gesualdo: “104, il 104, tocca al 104. C’è il 104? Ultima chiamata per il 104!”. Ma Gesualdo non sa che tocca a lui perché non percepisce più l’esterno, cosicché egli perde il suo turno e la fila e per oggi non riuscirà a provare quella sensazione strana che si ha quando “tocca a te”, quando si è davanti a ciò che si è lungamente atteso.

“Tutto codesto non è possibile!”, dice una voce fuori campo. Purtuttavia le convenzioni hanno deciso che lo è, hanno deciso che io tu noi siamo nella sala d’attesa ad osservare Gesualdo con occhi indiscreti. Occhi che lo feriscono come si fa con una vocale quando la si elide per abitudine, o perché si crede sia un errore non eliderla. Occhi che lo investono nella sua intima nudità e nella sua pura libertà e nella sua mera amenità e nella sua epifania.

Deh, il Gesualdo, nel mezzo della sala d’aspetto ad assecondare i suoi pensieri, apparentemente catturato. Il fiume trova sempre un pertugio e nessun uomo potrà arrestarlo completamente. L’acquiescenza non è del fiume, l’acquiescenza non appartiene a Gesualdo perché Gesualdo è un fiume: sillogisticamente, correntemente, potentissimamente, fondamentalmente, profondamente, totalmente.